
CONCILIAZIONE – EQUILIBRIO E QUALITÀ DEL LAVORO
Conciliazione tra lavoro e vita privata. E a volte tra noi stessi e tutto il resto. Il mio settore lavorativo fa parte del mondo sport e outdoor, ciò vuol dire lavorare spesso nei weekend, organizzando il lavoro in team che comprendono anche figure interne o esterne ai clienti e ai loro partner. L’agenda lavorativa quindi è articolata e complicata, dove le proprie scadenze vanno ad incastro con il lavoro di altri.
Da qualche mese io e la mia compagna siamo andati a vivere insieme, coi i suoi due figli e il mio cane. Scuola, compiti, passeggiate pipì, giochi … anche l’agenda personale è un continuo tetris di impegni e scadenze!
Se da un lato è un lusso aver la possibilità di giocare con le due agende e coordinarle, dall’altro lato si rischia di “mancare” a qualche dovere o piacere di una delle due sfere. Si aprono quindi le danze dei sensi di colpa, della frustrazione e dello stress. In più, dividendosi tra lavoro e famiglia, può capitare anche di non riuscire a dedicare un angolino a noi stessi.
Il mio primo approccio si è basato su un concetto quantitativo: programmando le giornate con un semplice conteggio di ore il cui totale doveva essere 24. Il meccanismo poteva funzionare, a patto di escludere qualche attività secondaria tipo il sonno.
Come conciliare allora i propri impegni privati con quelli professionali? Non avendo una risposta ho lavorato sulla domanda, articolandola e scomponendola. Cos’è per me il lavoro? E la famiglia? Che qualità voglio dare ad entrambi? Sono passato quindi da un concetto quantitativo a un concetto qualitativo.
Questa scomposizione e analisi mi ha portato, per forza di cose, a guardarmi bene allo specchio. Ripartendo da me stesso. Cercando prima di tutto un equilibrio tra me (e quell’angolino famoso da dedicarci), la mia vita privata e la sfera professionale.
Ecco diventare la conciliazione come equilibrio tra noi stessi, lavoro e vita privata. Ponendo obiettivi qualitativi. Qualità del tempo e dei risultati. Con un aiuto importante delle nuove tecnologie, ma senza diventarne schiavi, e un’empatia 2.0 per evitare conflitti inutili. E poi tanta, tanta pazienza…